Il Testamento del Principe

Ferdinando Francesco Gravina 

NNel 1655 Ignazio Gravina, Principe di Calatabiano, lasciò ogni cosa al figlio Ferdinando che durò fino al 1673. Questo principe fu di animo nobile, sensibile e generoso.
Egli il 21 Aprile 1672, diciassette anni prima di morire foce testamento, (le sue volontà furono raccolte a Calatabiano” dal notaio Paolino Calabrò di Graniti).
Fra i vari capitoli aggiunti nel testamento, il Principe incluse un legato nel quale si stabiliva che i frutti e le rendite dai quattro fondi rustici denominati Quattrocchi, Pizzilli Liconti e Bottari della terra di Calatabiano che ogni anno si producevano e si percepivano doveva servire per sposare due fanciulle orfane “produccentisi maritari et in matrimonio collocari dovet due puelle virginia orfane    ex pauberibus” – Le quattro proprietà suddette venivano cedute per tre anni in gabelle dall’arciprete e dai giurati, depositari dalla volontà del principe, al miglior offerente nel corso di una pubblica asta. Le somme incassate venivano custodite da un depositario “abile, sicuro, di fiducia” nominato dallo stesso arciprete.

Il 23 Aprile dì ogni anno, giorno di festa di S. Giorgio, aveva luogo il sorteggio alla presenza dell’arciprete, del nobile che amministrava i beni dell’eredità del principe del notaio che redigeva il verbale e dei cittadini. Venivano sorteggiate le orfanelle, e tra dieci ne venivano scelte due, una dal comune di Piedimonte Etneo ed una del comune di Calatabiano.
A cinque delle fanciulle toccava una somma di circa 6 onze, con la condizione che, con la somma dell’elemosina suddetta costruisse una casa nella terra di Calatabiano.
Questo legato però, nonostante la volontà del Principe di Palagonia di farlo durare” in ogni anno in perpetuo ed in infinito “restò in vita per poco più di due secoli. 
                           

 

                                 Il Crocifisso Ligneo

Il Crocifisso ligneo (mt 2,69 x 2,12) è un dipinto ad olio opera di Giovanni Salvo D’Antonio appartenente alla scuola di Antonello di Messina, si narra che il lavoro fù commissionato dall’Arciprete Matteo di Villa, a Messina il 24 ottobre 1502, per il prezzo pattuito di onze 5 (1.63,75). 89

 

 


Sì tramanda da generazioni in generazioni che la terza domenica di maggio 1891, giorno dei festeggiamenti del santo vi era un forte vento che impediva

l’ impianto dei fuochi d’artificio.
Il pirotecnico dopo aver tentato di impiantare i pali che dovevano reggere le girandole, spazientito si recò di corsa in Chiesa e afferrando il Santo por la barba, furente gridò″ Fulippu, Fulippu, fa finiri stu ventu e fammi guadagnare u pani…” Dopo essersi sfogato ritornò al lavoro, ma una folata dì vento fu talmente violenta da far abbattere un palo dì sostegno sul malcapitato, uccidendolo.
Da allora i Calatabianesi preferiscono non nominare invano il nome del Santo.

 

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