CHIESA BAROCCA DI GESU’ E MARIA

Tratto dall’opuscolo realizzato dalla parrocchia Maria Ss. Annunziata nell’anno 2009 e finanziato dalla provincia Regionale di Catania.

CHIESA DI GESU’ E MARIA

La chiesa , in stile barocco, edificata dopo il terribile terremoto che nel 1693 distrusse il CASTELLO  ed il borgo sulla  collina, è stata dedicata a Gesù e Maria come si evince dal dipinto ad olio, che li raffigura entrambi. E’ stata aperta al culto nel 1697,durante l’arcipretura di Don Filippo Emanuele, grazie alle elargizioni

 

Altare in stile Barocco

 di facoltose famiglie, tra cui quelle del Principe Ignazio Gravina ed i Mirabelli.

L’ingresso avviene tramite una breve scalinata ed un portale in pietra lavica, sormontato da un arco a sesto acuto in rilievo, di ottima fattura è il campanile a pianta quadrata con marcapiani, completato in alto con una copertura polilobata di forma piramidale a sezione poligonale e da una caratteristica vela campanaria. Vi era un altro ingresso sulla parete meridionale, successivamente murato con stipiti ad arco lievemente a sesto acuto e sempre in pietra lavica. L’interno in unica navata, coperta con volta a botte, decorata con pregevoli stucchi.

L’altare  maggiore si trova di fronte all’entrata ed è rivestito di marmi policromi, con quattro colonne tortili in gesso decorati con motivi floreali e putti, recanti in alto due angeli che fanno da cornice al dipinto “ La vera icona ai pedi della Croce tra Gesù e Maria”, al centro, sulla parete, in alto, si notano le braccia incrociate di Cristo e San Francesco d’Assisi, sormontate dalla croce, simbolo dell’ordine

“Braccia incrociate, di Cristo e di San Francesco”  e la Croce, simbolo dell’Ordine Francescano

Francescano e poco più in basso, tra sculture floreali, ed una corona in gesso, è leggibile a probabile testimonianza di successivi lavori la scritta riferibile al nome di Gesù a cui è dedicata la chiesa.
Antichi documenti, presenti nell’archivio di Stato di Catania e le tracce all’interno dell’edificio sacro, quali la rappresentazione dello stemma dell’ordine francescano , sulla parete dell’altare maggiore, attestano  che presso la Chiesa vi era istituito l’ordine Francescano. Anche le tele raffiguranti la Madonna con San Francesco e l’immacolata Concezione, Patrona dei Francescani, sembrerebbero avvalorare la loro presenza.

Prezioso è il tabernacolo scolpito in legno e arricchito con oro zecchino. Ai piedi dell’altare è visibile una lastra con lo stemma della Chiesa raffigurante, all’interno di una corona, i simboli della Passione di Cristo e della verginità di Maria Santissima; mentre a destra è collocata una pietra tombale con lo stemma  di famiglia del Sac. Rosario Bottari recante la data 1779. A sinistra, chiusa da una grata in ferro a fori quadrati si trova la “Custodia” degli Olei Santi, incassata nel muro, su cui vi è scritto, come nella parete dell’altare il simbolo dell’ordine francescano (  ANNO DOMINI 1714).Da qui si accede alla sacrestia nella quale si trova il lavabo del sacerdote in pietra di Taormina. Il pavimento in terracotta maiolicata, databile all’inizio del XIX secolo, è ravvisabile ad una bottega di Caltagirone. Esso è il risultato dell’assemblaggio di tre esemplari di mattonelle che presentano decori policromi con disegni geometrici e floreali. L’ingresso della Chiesa è sormontato da una cantoria barocca sostenuta da un arco a sesto ribassato decorato con tralci di vite e con strumenti richiamanti la Passione di Cristo, quali la corona di spine, i tre chiodi, il martello, la tenaglia ed il sudario. All’interno, oltre alle statue in cartapesta di San Luigi Conzaga e della Madonna Assunta e a quelle in gesso di Santa Rita da Cascia e Santa Teresa di Gesù Bambino, si custodisce il simulacro del Cristo morto, portato in processione il venerdì Santo. Sulle pareti laterali, entro nicchie voltate, si trovano quattro altari, di cui  i due dedicati al SS. Crocifisso e all’immacolata sono stati eretti ad opera del Sac. Giorgio Manfrida, rispettivamente, negli anni 1834 e 1861.Pregevoli per il loro alto valore artistico risultano i quattro dipinti ad olio, attribuiti al pittore messinese Vincenzo Tuccari (1657- 1734) ed alla sua cerchia.

L’edificio conserva quattro opere d’arte pittorica notevoli, realizzate grazie alle donazioni di facoltose e nobili famiglie locali. Si immagina che le opere possono essere state realizzate dal pittore messinese Vincenzo Tuccari, anche se ciò non è provato da documenti di archivio, ci sono   ricerche in corso, l’attribuzione al pittore messinese è documentata nel 1699 per delle opere simili realizzate a Taormina nella chiesa della Visitazione ed anche in altre.

La vera icona ai piedi  della Croce tra  Gesù e Maria

E’ una tela la cui iconografia, non molto diffusa, rivela l’adesione ai precetti imposti dalla controriforma. L’impostazione dell’impianto, ripreso dalle stampe di carattere devozionale, propone, infatti, i rigidi canoni della pittura di carattere pietistico del XVII secolo che la chiesa imponeva e che il pittore cerca di ingentilire mediante la soluzione dello squarcio nel cielo da cui si propaga un’intensa luminosità  che armonizza la composizione e rivela l’adesione al linguaggio dei grandi maestri della scuola romana, come Carlo Maratta (1625-1713), senza trascurare Mattia Preti (1613 -1699).

La vera icona ai piedi della Croce sorretta da angeli coinvolge lo spettatore per il suo empito tutto barocco, in contrasto con la ieratica fissità della Madonna e del Cristo. Tuttavia, il volto Madonna non è privo di quella dolcezza che caratterizza molti dipinti del Tuccari. La discontinuità evidente della composizione fa ipotizzare la partecipazione di altre maestranze alla realizzazione del dipinto che interpretano le indicazioni del maestro ideatore. Risulta, però, poco credibile l’ipotesi che Tuccari decidesse di affidare ad aiuti proprio il dipinto che qualifica la titolarità della chiesa. E’ più probabile che siano avvenute controversie con i committenti tali da indurre il Tuccari ad abbandonare l’incarico.

Maggiore coerenza compositiva si riscontra nei dipinti La Madonna con il Bambino e San Francesco e La Madonna della lettera tra i santi Giorgio e Filippo Siriaco o di Agira. La visione mistica che San Francesco ha della Madonna e del Bambino è un’iconografia assai diffusa e risulta associata alle anime del Purgatorio perché erroneamente confusa con il Perdono di Assisi, ossia l’intercessione dell’indulgenza da parte di San Francesco a Gesù ed alla Madonna per quanti si recano a pregare presso la Porziuncola di Assisi. Nel caso del dipinto la presenza di San Francesco orante e del Bambino che con gesto amorevole, dialoga con il Santo rende esplicita l’intercessione di divine grazie per tutti i fedeli. L’opera presenta un’unità compositiva stilistica e formale che riconduce ad un amico maestro ideatore ed esecutore. L’attribuzione a Tuccari comunque alla sua cerchia è alquanto accettabile anche perché emergono molti elementi  comuni e da altre opere dell’artista. La ripresa di elementi quali il volto della Vergine il volto in estasi del Santo  il dolce gesto del Bambino benedicente sono tratti distintivi di Vincenzo Tuccari e rilevano la sua formazione presso la bottega del padre Antonio che aveva di certo frequentato Antonino Alberti detto il barbalonga ( Messina 1591 – 1649) di cui sono documentate opere anche a Messina, delle quali Tuccari riprende la sacralità mistica e l’intensità luminosa .

Il dipinto, di sicura attribuzione a Vincenzo Tuccari, raffigura La Madonna della lettera tra i Santi Giorgio e Filippo Siriaco o di Agira. E’ documentata la  presenza del pittore a Taormina nel 1709, città in cui realizza il dipinto La Madonna della lettera con i Santi Pancrazio e Procopio per la Chiesa di Santa di Domenica. Entrambe le tele, sia quella di Taormina che quella di Calatabiano, presentano inequivocabili elementi di confronto. L’impianto compositivo delle due opere ripropone gli elementi della Sacra Lettera che suggella il rapporto tra la Vergine e  le città a Lei devote: nel caso di Taormina, mediante l’intercessione dei Santi Patroni Pancrazio e Procopio; per Calatabiano, dei Santi Giorgio e Filippo. Quest’ultimo nel dipinto viene rappresentato in veste Sacerdotale con le catene  con cui si libera delle angherie di Satana per imprigionarlo a sua volta. La posizione della Madonna e del Bambino rivolti verso destra, la luce che si irradia dall’alto rendono l’incanto del momento senza togliere all’insieme la sacra certezza di un evento da riconoscere come reale. Tuccari rifiuta la composizione complessa, preferisce soffermarsi sul paesaggio, descriverlo con attenzione topografica rivelando ottime doti di paesaggista come in un dipinto a lui attribuito, purtroppo perduto, in ci raffigura nel 1725 una veduta del territorio di Giarre di grande interesse documentario proprio per la fedele descrizione dei luoghi. L’attenzione per le notazioni paesaggistiche è comune a molti artisti, le citazioni topografiche che contribuiscono a tener vivo il legame tra una comunità cittadina, il territorio ed il soprannaturale.

Calatabiano chiesa di Gesù e Maria La madonna della lettera tra i santi Filippo e Giorgio

L’amore per la natura, la dolce spiritualità che pervade i volti dei Santi lontani del pathos tutto barocco, fa di Vincenzo Tuccari non un pittore vincolato alla tradizione, ma aperto alle nuove esperienze artistiche che si diffondono in Europa con l’avvento del Rococò. Il Passaggio del barocco al rococò affascina e coinvolge  Tuccari, artista aperto alla nuova ricerca di linguaggi in pittura che  durante la sua  attività a Calatabiano convince i suoi committenti, senza dubbio colti, ad accogliere le innovazioni in campo artistico. Aperta al culto nel 1697,la chiesa si arricchisce dei pregevoli dipinti in un momento in cui  la dimensione stessa del sentimento religioso perde quella forte esigenza di commuovere lo spettatore e l’immagine religiosa si addolcisce con la presenza delle forme gentili.

Gentile è l’Immacolata nel suo movimento a serpentina, mentre si eleva in un cielo luminoso tra nuvole chiare , su una terra ancora una volta resa topograficamente. La tela  si ispira alle Litanie Lauritane, quelle che verso al fine del ‘500 si recavano in pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto erano solite cantare. Il dipinto si pone non solo come elemento di unione tra due secoli, ma anche tra due ambienti artistici, quello messinese  e quello ispirato dall’insegnamento di Giacinto Platania (Acireale 1612 – 1691).E’ certa la conoscenza, da parte del nostro artista, del dipinto di Pietro Novelli raffigurante l’Immacolata conservato presso la Chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo di Palermo per la posizione delle braccia e delle mani. E’ ipotizzabile l’attribuzione del dipinto allo stesso Tuccari, infatti il recente intervento di restauro pittorico ha reso evidenti le analogie con il dipinto raffigurante La Madonna della lettera. Nel dipinto l’immacolata l’artista opera una perfetta sintesi stilistica e formale tra linguaggi artistici differenti. Il giusto decoro restituito alle opere dal restauro qualifica, oggi, un pittore valido e la storia di una comunità.

La vera icona ai piedi della Croce tra Gesù e Maria

La tela posta sull’altare maggiore, a cui si deve la titolarità della chiesa pare sia stata donata nel 1709 da Antonio Mirabelli.

Al centro del dipinto è raffigurata la Croce con due angeli che sorreggono il velo sul quale è visibile il volto sofferente di Cristo. Secondo la tradizione popolare, fu impresso su di esso quando una donna, che prese il nome di Veronica (VERA ICONA),avvicinatasi lungo la via del Calvario, gli asciugò il volto trasfigurato dal dolore. Sulle estremità della Croce sono visibili il titulus INRI (Iesus Nazarenus Rex Iidaureom ossia Gesù nazareno Re dei giudei) e i tre chiodi della crocifissione, simboli della passione. La Madonna, vestita di bianco e col Manto blu, rivolta amorevolmente verso il figlio risorto, presenta nel volto quella dolcezza che caratterizza molti dipinti di Vincenzo Tuccari.

Dall’altro lato il Cristo Glorificato, avvolto in un manto rosso,

Chiesa di Gesù e Maria – La vera Icona ai piedi della Croce tra Gesù e Maria, opera del 1709

benedice con la destra, mentre con la sinistra  indica la piaga  del costato, degna di particolare menzione è l’intensa luminosità della Sacra Rappresentazione, emanata dallo sfondo sul quale emergono teste alate e nuvole.

 

 

La Madonna della Lettera Tra i Santi Giorgio e Filippo

E’, indubbiamente, il dipinto più importante sia dal  di vista artistico che da quello storico – documentario  . Infatti realizzata per intero dal pittore messinese Vincenzo Tuccari, è l’unica opera d’arte presente a Calatabiano in cui vengono raffigurati insieme i Santi Giorgio e Filippo, rispettivamente Patrono e Protettore del paese. Importante la presenza della Madonna della Lettera, Patrona dell’Arcidiocesi di Messina, di cui a quell’epoca Calatabiano faceva parte. La tela, come quella realizzata, dallo stesso artista nel 1709 a Taormina per la Chiesa di santa Domenica, ripropone gli elementi della Sacra conversazione adattandoli all’atto di consegna della Sacra Lettera. La Madonna, seduta su una nube, sostiene con il ginocchio sinistro il Bambino Gesù, con la mano destra regge la lettera indirizzata alla città di Messina; indossa una veste di color rosa, un manto di colore blu, contornato di oro zecchino, ed un bianco velo sul capo. Degna di rilievo è la luce bianca emanata dal suo volto che forma quasi un’aureola alla quale si intravedono delle figure angeliche. San Giorgio con l’armatura da cavaliere, rivolto verso la Vergine, con la lancia nella mano destra infilza la testa del drago con la bocca insanguinata trattenuto a terra con il piede sinistro. Dal braccio sinistro parte il fluente manto rosso, simbolo del martirio. Dal lato opposto è rappresentato il protettore San Filippo vestito degli abiti sacerdotali con la pelle scura così come è tradizione iconografica. La mano destra è appoggiata sul petto e con la sinistra sia il libro delle Sacre scritture segno del suo ruolo di evangelizzatore sia la catena che imprigiona  una figura demoniaca, simbolo delle sue doti di esorcista. Pregevoli i paramenti, quali i merletti dell’orlo e delle maniche del camice e la pianeta ed il manipolo decorativi con motivi floreali. Sullo sfondo compaiono delle figure umane ed un cavallo, in un paesaggio collinare descritto con attenzione topografica, sul quale si scorge una fortezza a ridosso di una vallata attraversata  da un fiume (probabilmente l’antico abitato di Calatabiano). La mia personale interpretazione del paesaggio :

l’opera pittorica, oltre ad essere un’importante testimonianza di messaggi religiosi che custodisce, è un altrettanto importante documento storico, non vi è alcun dubbio che l’abitato era quello di Calatabiano, infatti  Ferdinando Maurici nelle sue ricerche di archivio, ci riporta nei riveli degli anni che vanno dal 1500 fino al 1700, in cui erano censiti gli abitanti di Calatabiano  ed erano divisi in due parti, il 30% viveva nella “Terra Vecchia” sita sulla collina, dove si trovava il suo Castello, mentre il 70% risiedeva nel borgo, fuori della terra vecchia. Basta fare una comparazione per capire che il vero centro del paese  era nella piana, ove  oggi è sita Calatabiano,  la chiesa madre  in quegli anni doveva già esistere, certamente prima di quanto riportato dagli storici.

L’attuale chiesa Madre, secondo fonti storiche  fu costruita nel 1740, la tela  fu completata nel 1709 e  si nota  il campanile della chiesa Madre, prima ancora del 1740 con la certezza che in quell’anno fu solamente ricostruita. L’opera pittorica  ci riporta altre due importanti informazioni:

Nel particolare del dipinto della Madonna della lettera sopra postato si evincono:

  1.         Il Fiume dipinto in essa è il Fiume Alcantara; 
  2.  la figura  che si intravede nel dipinto, in lontananza nella valle, è quella di San Filippo proveniente dall’abbazia di Marzocchino, a lui dedicata, mentre benedice Calatabiano.

 

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